Uno studio spagnolo di Cachón-Zagalaz e colleghi (14 ottobre 2020), da poco pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers, ha confrontato le ricerche fatte sui bambini (0-12 anni) durante il periodo di reclusione. La prima considerazione che ne emerge è che, tra i più di 800 studi fatti relativi all’effetto della pandemia sulle persone, ben pochi si sono occupati di rivolgere l’attenzione sui problemi psicologici, motori o di natura scolastica dei bambini, sia nel periodo degli “arresti domiciliari” sia in quello di ritorno a una “pseudo normalità”.
Scrivono gli studiosi: “oltre agli scienziati… chi educa ha l’obbligo di prendersi cura della salute psicologica ed emotiva, nonché a coltivare le menti, dei bambini. Le conseguenze delle misure di contenimento del COVID-19 sono dannose per la salute mentale delle persone in tutto il mondo. È logico che i più vulnerabili siano i bambini che non capiscono cosa stia succedendo e che, insieme alla preoccupazione e alla frustrazione degli anziani, possono presentare fattori di rischio, come ansia e disturbi da stress affettivo e post-traumatico”. E’ stato inoltre evidenziato da alcune ricerche che anche l’80% dei maggiorenni ha visto aumentare le problematiche psicologiche causate dall’ansia e dallo stress (per esempio, disturbi del sonno, instabilità, disagio psicologico) vissuti durante la pandemia. Nessuno studio, tra l’altro, ha preso in considerazione i pensieri dei genitori e dei bambini in questo difficile periodo.
Quale ruolo per insegnanti e genitori?
Citando ancora gli studiosi: “Chi educa deve cercare di fornire al bambino un approccio completo, sostenendo il suo sviluppo fisico, emotivo, intellettuale, familiare, sociale e morale. I metodi attivi sono cruciali per l'educazione dei bambini e gli insegnanti sono fondamentali sia nel loro insegnare a scuola sia ora che entrano nelle case dei loro studenti tramite Internet. Anche il ruolo dei genitori è quello di educare, ma da un’altra prospettiva, integrando quella degli insegnanti nell'acquisizione dell'apprendimento dei bambini. Molte famiglie sono in difficoltà per non sanno come intraprendere queste attività con i propri figli per un tempo così lungo.” E’ chiaro che anche l’impossibilità della presenza di altri familiari, come i nonni (che studi precedenti hanno mostrato essere cruciali per lo sviluppo sociale ed emotivo dei nipoti), che avevano da sempre svolto un ruolo di accompagnamento, ha reso più difficile la situazione. E, infine, non dimentichiamoci le difficoltà create dalla mancanza di relazioni con i coetanei.
Un insegnante di scuola secondaria, Fandino-Pérez (2020) dà voce a molti insegnanti, affermando che “la pandemia ci ha messo davanti un'immagine distorta e assurda del lavoro dei docenti, come produttori di programmazione e di buoni risultati, trasformando loro e i loro studenti in una sorta di macchina. Abbiamo dimenticato la cosa principale: siamo essere esseri umani capaci di creare un mondo migliore e di superare l'ignoranza, la paura e la demagogia”.
Proprio di demagogia sembra ammalata la nostra società moderna. Non si confrontano democraticamente sostenitori di punti di vista scientifici diversi. Non si valutano le ricerche o le scoperte allo stesso modo, sembra che contino solo quelle che contribuiscono a creare terrore mediatico.
E l’attività motoria?
Un'altra questione su cui si sono focalizzate alcune ricerche è l’attività fisica. La nostra società già da tempo ha sempre più contribuito a screditare il valore dell’attività motoria relegandola a una sorta di “ricreazione” di due ore scarse settimanali; oggi si svaluta anche il valore sanitario (in primis per il sistema immunitario) dietro ad essa. Sia ben chiaro: non c’è nulla di più criminale per la salute della sedentarietà associata all’abuso di uno stile di vita che include tossine come i fumo da sigaretta, droghe, alcool, squilibri alimentari.
I bambini, come sottolineano gli studiosi spagnoli, beneficiano a vari livelli dell’attività motoria, che aiuta anche gli insegnanti a comprendere meglio gli studenti nelle loro diverse sfaccettature. Ma anche questa è svanita durante il lockdown e sta sparendo anche ora.
I Croods: la Sindrome delle caverne
Tra le altre considerazioni su cui gli studiosi pongono l’accento c’è il fatto che particolari soggetti psicologicamente sensibili possono subire disturbi legati al fatto che, dopo questo tipo di reclusione, la paura della normalità sia maggiore della reclusione stessa. Conosciuta come la “Sindrome delle caverne” può portare a un aumento esponenziale dei disturbi psicologici legati all’incomprensione del comportamento altrui. Come del resto gli animi ribelli non aspettano altro che la fine della reclusione per fare tutto quello che non hanno fatto durante la clausura. Ciò può solo contribuire a creare conflitti e incomprensioni reciproche.
Per i volenterosi che volessero spingersi vero una migliore comprensione di cosa significa creare una crisi nel sistema relazionale, invito a guardare un cartone animato simpaticamente ben fatto “I Croods” dove la “Sindrome della caverna” sta alla base delle questioni pocanzi descritte.
Considerazioni conclusive
A partire da quanto emerso fino a qui, è facilmente intuibile l’effetto che avranno su tutti noi i nuovi DPCM sulla “paura di vivere” (e non solo di morire), che rischia di colpire gravemente anche i più piccoli.
Invito a contattare il Centro di Psicologia di Gessate per creare dei momenti di riflessione “fuori dal coro”, in cui discutere e proporre strategie per la gestione della paura dei bambini e degli adulti, di fronte all’informazione martellante.